Si parla da tempo di Rfid e sensori nella Sanità e, in particolare, nel mondo chimico-farmaceutico. Integrare un sistema di tracciabilità evoluto, sfruttare le tecnologie Edi e Internet nei processi di approvvigionamento dei beni sanitari e farmaceutici, utilizzare tecnologie per l’ottimizzazione del magazzino e soluzioni per la fatturazione elettronica e l’informatizzazione del ciclo dell’ordine sono tutte soluzioni che garantiscono maggiore efficienza e sicurezza alla produzione e al consumo. Ma l’ottimizzazione della filiera, che presuppone un forte contributo da parte della logistica, è frenata da una serie di fattori che si sono chiariti in parte in occasione del convegno “L’efficienza della supply chain sanitaria” organizzato da Ailog (Associazione italiana di logistica e di supply chain management) e consorzio Dafne (Distribuzione Aziende Farmaceutiche Network Edi) in collaborazione con Logistica Management.
In generale il sistema sanitario universale del nostro Paese è capace di fornire a tutti un buon livello di cura – ha precisato Mariano Corso, direttore Osservatorio Ict in Sanità del Politecnico di Milano – , ma si basa su un modello ancora troppo ospedale centrico mentre portare la cura sul territorio contribuisce a ridurre la spesa e ad aumentare l’efficienza. Sostenibilità, infatti, significa riequilibrio delle risorse, in un momento critico in cui si impone una sensibile riduzione dei budget pubblici. In Italia l’Ssn è buono anche se in realtà esistono 22 sistemi sanitari che, seppur non autonomi, sono fortemente indipendenti”.
A commento i numeri che mettono in relazione la qualità percepita dai cittadini nei confronti dei servizi sanitari e gli investimenti in Ict procapite fatti dalle regioni. Al top del gradimento troviamo la Lombardia che, a fronte di una spesa media procapite di 1650 euro, investe in innovazione 21 euro a cittadino, mentre Molise e Lazio spendono molto di più (rispettivamente 2100 e 2025 euro procapite) ma giudicati per un più basso livello di servizio come è bassa la spesa Ict procapite, pari rispettivamente a 13 e a 12 euro. Ict, infatti, significa intelligenza gestionale realizzata attraverso scelte che comportano l’utilizzo di piattaforme software, di dispositivi hardware e di infrastrutture di networking, tradizionali e wireless. La cartella elettronica o la tessera sanitaria elettronica presuppongono modalità di approccio condiviso, che impongono alla supply chain sanitaria maggiore trasparenza ed efficienza.
Nelle aziende ospedaliere – ha spiegato Paolo Bisogni, consigliere direttivo Ailog –, dai processi di accettazione e Crm alla gestione degli ordini interni, dalla programmazione sanitaria alla gestione dei materiale e degli asset fino agli approvvigionamenti, la qualità della logistica è un tema centrale. In questo senso le economie di scala si sviluppano attraverso l’integrazione fra processi interni ed esterni, identificando quali tecniche e tecnologie sono disponibili per facilitare la movimentazione intra-moenia dei materiali ma anche risolvendo i vincoli legati agli elementi fisici della logistica, dalle unità di confezionamento ai sistemi di movimentazione automatica. Occorre introdurre nel campo sanitario un approccio di tipo manageriale, in modo da usufruire di tutti i benefici che una stretta interazione con il settore logistico può portare al Ssn. In particolare, la collaborazione tra la sanità e la logistica darebbe sicuramente ottimi risultati in termini di riduzione dei costi e aumento del grado di efficienza delle aziende ospedaliere. La tracciabilità è un processo utile, indubbiamente, ma quali sistemi di identificazione automatica sono disponibili, e con quali standard? Allo stato attuale, in presenza di produzioni multinazionali/globali, quanto senso hanno sistemi di codifica nazionale? Ragionando con lungimiranza, meglio pensare a strategie congiunte, riunendo come oggi attorno a un tavolo comune tutti gli interlocutori per fare sistema”.Rfid Italia ha rivolto qualche domanda a un panel di specialisti presenti all’evento.
A che punto è l’Italia rispetto a un processo di innovazione della supply chain sanitaria?
La logistica del farmaco – ha detto Stefano Novaresi, vicepresidente Consorzio Dafne – in Italia ha conseguito negli anni un notevole livello di efficienza operativa anche grazie ai progetti di logistica collaborativa promossi dal consorzio Dafne, nato per volontà di un gruppo di aziende di produzione farmaceutica e di aziende di distribuzione intermedia nel 1992, coprendo oltre il 90% del mercato di riferimento per ciò che attiene i membri della community, in cui la dematerializzazione dell’ordine è già realtà prossima alla totalità. Perno tecnologico della proposizione la gestione elettronica del processo, a partire da una bolla elettronica conformata allo standard Dafne che, attraverso un interfacciamento informatico standard, consente al cliente di conoscere con anticipo di alcuni giorni il contenuto sull’ordine e di avere una notifica di ricevimento merci elettronica che certifica la qualità del servizio offerto dal vettore/trasportatore con modalità di aggiornamento dei dati orarie e non giornaliere. Un’area di sviluppo futura potrebbe essere quella relativa alla trasmissione di informazioni di tipo qualitativo relative allo stato in cui viene consegnata la merce. Il progetto di Logistica Collaborativa attuato da tempo coinvolge anche i Distributori Primari (i depositari) che svolgono la logistica primaria per conto dei produttori ed attualmente, nel processo di scambio del Ddt elettronico e della Notifica di Ricevimento Merci copre poco più del 50% a valore del mercato di riferimento. I Grossisti coinvolti sono oltre il 50% degli operatori, ma la previsione è che nel corso dei prossimi mesi l’adesione si estenda ad altri nomi nel mondo dei grossisti, anche in virtù del fatto che sono stati ormai predisposti a tale scopo i Wms (warehouse management system) più diffusi nel settore. Il vantaggio del nostro modello? Che è un circuito del tutto autogestito, senza un’azienda capofila o un soggetto privato che abbia forzato la decisione degli altri attori. I risultati concreti conseguiti finora sono veramente ragguardevoli e sono il miglior invito per tutte quelle realtà che ancora non hanno dato la propria adesione a questi progetti, premessa per ulteriori sviluppi”.
La supply chain sanitaria italiana è molto avanti, soprattutto per quanto riguarda la distribuzione intermedia che prima rappresentava l’anello debole della catena – ha affermato Luca Penuti, Senior Consultant Logist & Automation Vega Sistemi Informativi -. Questo comparto, infatti, costotuito da circa cinquecento attori, in seguito al pressing dei mercati ha saputo investire nel corso degli ulti anni e oggi riesce a gestire la domanda con un’ottimo time to market: si parla di 2/4 consegne al giorno il che permette alle farmacie e agli ospedali di ridurre al massimo le scorte di magazzino. Il tutto grazie a un software a valore aggiunto che consente il massimo presidio del sistema distributivo, con meccanismi di automazione della raccolta ordini e delle consegne che abbatte le tempistiche e riduce i margini di errore, utilizzato dal 70% degli operatori. Le cooperative utilizzano infatti modelli gestionali avanzati per far fronte a una polverizzazione estrema del mercato: si parla di oltre 17mila farmacie e qualcosa come 2mila parafarmacie. Purtoppo sul discorso di una tracciabilità evoluta non siamo ancora pronti: allo stato attuale non ci sono direttive da parte del Ministero della Salute anche perchè l’Rfid o i codici datamatrix al momento non sono considerati standard riconosciuti a livello governativo. Se ne parla, ma al momento il progetto è fermo al palo”.
A livello farmaceutico non siamo certo in retroguardia – ha raccontato Maurizio Minossi, responsabile commerciale di ItWorks –Con la nuova normativa europea la tracciabilità del farmaco è partita e in testa troviamo la Francia e l’Italia. Il nostro tessuto logistico è frastagliato ma di buon livello. Con il discorso del voice la nostra società lavora su scala europea e posso confermare che siamo allineati. Vero è che la catena logistica del farmaco deve essere più precisa ed esatta. Si evidenziano infatti quelle differenze strutturali italiane legate sia alla diversa morfologia del territorio sia alla scarsa disponibilità degli operatori a condividere tra loro le informazioni. La standardizzazione, infatti, non esiste così come non esiste la volontà di condividere un’unica piattaforma logistica. Piuttosto esistono vari poli di attrazione su alcuni applicativi software di riferimento di cui spesso non si attiva il modulo di gestione del magazzino e così su questa parte esiste una pluralità di sottosistemi, ognuno con diversi protocolli e diverse logiche”.
Le tecnologie nell’healthcare in Italia soffrono di una Pa che non ha budget per finanziare l’innovazione – ha commentato Giovanni Grieco, Business Development Manager di Caen Rfid -. In particolare, il farmaco è un mercato difficile, burocratizzato, governato da lobby che presidiano il comparto. È un settore interessante, ma estremamente complicato anche perché le case farmaceutiche ragionano ancora secondo logiche conservative per cui coesiste una grande eterogeneità di sistemi. L’Rfid potrebbe essere una soluzione ideale, ma nessuno si accolla il costo: nè le case farmaceutiche a cui non interessa seguire l’iter del farmaco una volta uscito dalla produzione, nè i depositari che per la tipologia di informazioni che devono gestire preferiscono utilizzare ancora i barcode, men che meno i distributori intermediari che forniscono farmacie e ospedali”.
Noi possiamo parlare per quella che è la nostra percezione a livello di magazzino – ha sottolineato Mario Geddo, Automatic Storage Specialist Divisione Sistemi Toyota -. Sulla parte dei forklift cresce la domanda di soluzioni personalizzate, manuali, semiautomatiche e automatiche con l’integrazione di tecnologie come l’Rfid, il voicepicking o l’interazione tramite display. Sicuramente in Italia c’è un problema: nessuno vuole fare quello che fanno gli altri e questo genera vantaggi e svantaggi allo stesso tempo: toglie creatività ma, dall’altro, porta ottimizzazione. Un grosso problema legato alla frammentarietà della supply chain italiana, non solo quella sanitaria, coinvolge il mondo dei terzisti: le società di logistica, infatti, subappaltano il lavoro a una serie di cooperative che non hanno molti margini di investimento e questo impatta sulla qualità delle operation. Così, se anche gli obiettivi sono gli stessi, i modi possono essere molto diversi e questo crea disallineamento tra un servizio e un altro”.
Come distributori a valore aggiunto di tecnologie Rfid, anche per il settore sanitario abbiamo una percezione filtrata”attraverso gli Integrator Partner – ha ribadito Cesare Ferro, direttore generale di Softwork -. Oggi, ad esempio, siamo a questo evento presentando in conferenza la soluzione realizzata dal nostro partner Reggiani finalizzata alla tracciabilità delle provette in un laboratorio della Ussl Veneto Orientale. Nello specifico settore del pharma e della sanità, possiamo dire che l’Rfid non è presente in modo preponderante, ma si sta ritagliando un certo spazio attraverso diversi e significativi pilot. Sicuramente un freno all’adozione dei tag sul farmaco è la mancanza di una regolamentazione precisa che, in termini di legge, ne definisca in modo puntuale il suo utilizzo. Anche il costo del tag rappresenta un limite, ma su certe tipologie di farmaco o in alcune applicazioni della filiera biomedicale, dove la sicurezza e la salute giustificano appieno l’investimento, le cose sono diverse. Infatti ci sono molti impianti in produzione. Il vero problema nella filiera del farmaco è che tutti si aspettano che il costo del tag transponder debba essere a carico del produttore. Per quest’ultimo, la tracciabilità dei prodotti è sicuramente importante (vedasi ad esempio la necessità di “richiamare”/”ritirare” un prodotto dal mercato) ma la tecnologia Rfid , per questa finalità, non è un requisito essenziale. Il barcode attualmente in uso, soddisfa infatti già questa esigenza. Il produttore però, al pari dei distributori, potrebbe avvantaggiarsi della tecnologia Rfid per facilitare i propri processi logistici. Com’è noto, accanto al produttore operano altre organizzazioni coinvolte nella movimentazione dei prodotti. Nel momento in cui il farmaco esce dalle fabbriche di produzione, infatti, sono i distributori a dover gestire i servizi di magazzino e di consegna dei prodotti. Nei processi logistici di distribuzione del farmaco, se quest’ultimo fosse dotato di tag transponder, si avrebbero grandi benefici nel controllo della loro movimentazione. Non essendo però così (per le ragioni suddette) l’unità di riferimento del tag può diventare il contenitore con cui i farmaci vengono movimentati. L’attribuzione di un tag sui contenitori - ai quali sono associate le informazioni inerenti i medicinali in essi contenuti - consente infatti il rilevamento automatico della loro movimentazione, l’ottimizzazione del processo di carico e scarico e la certificazione dell’avvenuta consegna nei diversi reparti, farmacie ed ospedali. In conclusione, il barcode attualmente utilizzato sui farmaci, soddisfa le necessità primarie di tracciabilità degli stessi, ma non consente l’adozione di tutti gli scenari d’identificazione automatica che la tecnologia Rfid sarebbe in grado di offrire. Finchè a livello governativo non si imporranno criteri di servizio agganciati all’erogazione controllata dei farmaci tramite la tecnologia Rfid e/o tramite le carte sanitarie elettroniche -che consentiranno maggiori controlli e quindi una più elevata sicurezza , la crescita della tecnologia Rfid sarà sempre un po’ frenata.”
Non ci sono cattivi presagi – ha aggiunto Sergio Fantini, Business Area Manager Knapp –anche perché il farmaceutico in particolare è un’area in cui la capacità di investimento è buona, avendo buoni margini anche se erosi dalla concorrenza. Il settore è molto frequentato: ci sono softwarehouse, consulenti, progettisti, società di ingegneria… Il settore è in costante crescita, anche perchè cresce la domanda da parte della popolazione, sempre più anziana. Molte regioni per ottimizzare si sono consociate, applicando le indicazioni ministeriale che dal 2000 ha attuato il modello dell’Area Vasta per ridurre gli sprechi e migliorare l’efficienza. La centralizzazione dei magazzini è stata scelta da molte città come Prato, Pisa, Bologna o Reggio Emilia. A fronte di questi casi, a molte singole aziende sanitarie manca la volontà di centralizzare ancorata a una vecchia cultura legata alla paura di perdere autonomia e controllo. Purtroppo non esiste ancora una normativa che consenta una codifica dei farmaci più evoluta che vada oltre al sito, al lotto e alla data di scadenza. Il data matrix, ad esempio, non è ancora interpretato in Italia. In generale, non vige una standardizzazione a livello normativo europeo per cui una tracciabilità esclusivamente nazionale, non ha molto senso”.
In Italia esistono due situazioni – ha puntualizzato Francesco Stolfo, direttore commerciale di ToolsGroup -. In ambito Pa la sperimentazione va avanti da anni ma spesso è ostacolata da una mancanza di chiarezza legislativa. Le soluzioni Ict sono diversificate e integrarle tutte non è così semplice anche perché le normative impongono una forte rigidità negli iter di approvazione, il che va a contrastare con quello snellimento delle procedure tanto auspicato. Nel privato, invece, c’è una fortissima sensibilizzazione alle tematiche Ict sia in termini di efficienza che di servizio. La differenza sostanziale, più che a livello dimensionale, sta nel diverso approccio culturale delle aziende. Quando il supply chain manager viene da altri settori, ad esempio, porta delle vision che aiutano a favorire il cambiamento. Oggi la logistica ha quasi esaurito l’efficientamento dei processi sui costi primari e deve puntare a soluzioni avanzate per quelli che sono i colli di bottiglia della filiera che si verirficano tra operatori logistici e distributori. Il servizio è ottimizzato se la consegna di un prodotto corrisponde a tre requisiti fondamentali: quantità giusta, posto giusto, tempo giusto. Il tutto trovando il giusto compromesso tra costo logistico e livello di servizio che si è in grado di erogare. In questo senso attuare una tracciabilità del prodotto attraverso nuovi sistemi di identificazione è utile se sostenuti da procedure di governo delle policy di produzione, acquisto e distribuzione agganciati a vision di ampio respiro che include l’utilizzo di una Business intelligence applicata”.
Le grandi aziende sono pronte, le medie aziende ci stanno arrivando – ha chiarito Federico Monzani, direzione vendite Axioma -. In generale la necessità di un’ottimizzazione della filiera è condivisa. Il problema è soprattutto legato alle vision aziendali che spesso sono insufficienti. In Italia, infatti, la pianificazione della produzione è indietro rispetto a quanto avviene all’estero. Per la movimentazione delle merci ci sono tecnologie più evolute ed efficaci, eppure il barcode va per la maggiore. Mi trovo molto d’accordo con quanto ha detto oggi il professore del Politecnico: le aziende devono imparare a innovare e a investire nell’innovazione, dal momento dell’acquisto dei materiali grezzi alla vendita dei prodotti finiti sul singolo punto vendita. L’obbiettivo è il medesimo per tutti: aumento di efficienza, aumento della capacità di controllo, riduzione degli errori e dei tempi di ciclo e dei lead time di approvvigionamento. Non è solo un problema di efficienza ma anche di trasparenza che riporta al tema della qualità e nello stesso tempo della possibilità di una riduzione dei costi”.
Per quello che è la nostra esperienza – ha spiegato Giovanni Codegoni, direttore marketing di LabId – rispetto all’introduzione della tecnologia Rfid nell’ambito sanitario/farmaceutico le aziende stanno compiendo i primi passi. Progetti live ce ne sono diversi basti pensare allapresenza sempre più diffusa dei braccialetti identificativi, o ai casi di tracciatura delle sacche di sangue, per arrivare alla stessa carta regionale dei servizi. Quello che manca è un’adozione su larga scala da parte delle Pa, dovuta al cambiamento di forma mentis che la tecnologia comporta. Nascono inoltre progetti legati all’evidenza dei benefici sul controllo della validità di un farmaco (anticontraffazione) o di una sua somministrazione corretta. In Europa alcune aziende hanno giù messo in produzione apparati di dispensazione farmaci o di diagnostica che utilizzano tag per controllare l’originalità e il dosaggio, che usano soprattutto tecnologie Hf. Ci sono casi, invece, di revisione dei progetti di logistica con tecnologie Uhf che incontrano però enormi resistenze per la gestione dei costi del tag, che prevedono benefici a tutta la filiera ma di cui non è ancora chiaro chi si accollerà i costi”.
Gli operatori spesso lavorano con diverse logiche – ha concluso Corso – mentre l’innovazione richiede integrazione. La sostenibilità del sistema sanitario è compromessa da una serie di variabili di spesa legate a una vita media che si allunga, alle cure che si protraggono per lungo tempo, al consumo frenetico di farmaci. La nostra filiera, in particolare, soffre di una mancanza di standard e di regole che possano permettere agli operatori di avvantaggiarsi di quella velocità e di quella proattività che possono creare un circolo virtuoso tra produzione, movimentazione e consegna dei prodotti”.In dettaglio, solo parlando della movimentazione dei farmaci i numeri sono impressionanti: si parla di oltre 2.5 miliardi di confezioni immesse nella supply chain di cui un 50% prodotto in Italia e il restante dall’estero. Le aziende farmaceutiche sono oltre 260, con oltre 300 depositari/concessionari che gestiscono 1.6 miliardi di confezioni distribuite sul canale delle farmcie e 0.8 miliardi al canale degli ospedali e delle case di cura con tempi di evasione dell’ordine tra i 2 e i 5 giorni lavorativi.
Vuoi saperne di più?? Scrivici newbusinessmode@gmail.com
Seguici su Twitter
Seguici su Facebook
Seguici su Google Plus
Nessun commento:
Posta un commento